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Zona rossa... magari non tutta: gli appelli a Fontana e le possibilità di “isole arancioni”

Già ieri i rappresentanti dei territori meno colpiti dalla seconda ondata hanno chiesto a Governo e Regione di inserire deroghe provinciali con misure meno restrittive là dove i dati lo permetterebbero.

Zona rossa... magari non tutta: gli appelli a Fontana e le possibilità di “isole arancioni”
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Gli appelli alla Regione e al Presidente Attilio Fontana erano già iniziati ieri pomeriggio, mercoledì 4 novembre 2020, quando in tutta la Lombardia si attendevano solamente la firma e la conferma dell’inserimento della regione nella “fascia rossa” con le misure più restrittive. Come riporta Prima Saronno, appelli che chiedono la creazione di “isole arancioni” (almeno), partiti dalle province e dai territori meno colpiti in questa seconda ondata e per i quali l'applicazione del pacchetto di misure più restrittive potrebbe comportare danni maggiori dei benefici, o comunque rappresentare quella “sproporzione” tra criticità e restrizioni che il Governo con l’ultimo Dpcm ha spiegato di voler evitare.

Zona rossa ma a macchia di leopardo: la richiesta del Movimento 5 Stelle

Tra i primi a chiedere un intervento in tal senso il Movimento 5 Stelle: “E’ vero che in Lombardia sono stati registrati numeri alti ma ci sono dei territori dove i casi sono più contenuti. In queste aree dove il virus è meno presente, il Governatore della Lombardia può chiedere deroghe alle misure maggiormente restrittive e in questo modo dare un sollievo alle attività economiche più colpite”, così ieri Andrea Fiasconaro, consigliere regionale M5S Lombardia.

Il problema dei piccoli comuni

Una richiesta simile era arrivata ieri pomeriggio anche dall’Uncem, l’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani, che aveva criticato la decisione di metter sullo stesso piano, col divieto di spostamento tra comuni, le grandi città con le piccole comunità, soprattutto nelle aree di montagna. “Non si può vietare lo spostamento fuori dal piccolo Comune così come è vietato uscire dai confini di Torino, Milano, Bergamo o Aosta – lamentava il Presidente nazionale Marco Bussone – Sono due cose molto diverse e la specificità di borghi, villaggi, paesi, moltissimi senza servizi e negozi, nei territori montani in zona rossa, deve essere riconosciuta”.

Codogno ricorre contro il Dpcm

Ancora più  netta la posizione del sindaco di Codogno, epicentro della prima ondata Covid e prima zona rossa in Lombardia in primavera, Francesco Passerini. Il primo cittadino lodigiano, non certo uno che può essere accusato di negazionismo o di leggerezza di fronte al Covid, insieme a colleghi e consiglieri metropolitani e provinciali aveva annunciato nei giorni scorsi di essere pronto a ricorrere contro il Dpcm del 24 ottobre. Il decreto del 3 novembre va ovviamente a superare quello precedente, ma la preoccupazione contenuta nella lettera per “le categorie e le attività produttive più colpite dal recente decreto, già allo stremo delle proprie forze dopo il lockdown dei mesi scorsi” con la zona rossa resta ovviamente attuale, e ha la stessa origine: “La chiusura totalmente indiscriminata di alcune attività, senza prendere in considerazione i sacrifici fatti da queste imprese per adattarsi ai rigidi protocolli di sicurezza e sanitari, che peraltro avevano dato buoni risultati, ci vede totalmente contrari”.

Cosa dice il Governo

Ma è possibile? In linea teorica, in base al Dpcm di novembre, come spiegato da Conte ieri sera in conferenza stampa. Nella pratica, non è così semplice:

“E’ possibile che il monitoraggio, costruito su base provinciale, possa anche suggerire una diversa condizione di rischio all’interno di una regione per singole province. Ma più si scende dal punto di vista della ‘granulosità’ dei dati più è difficile. Abbiamo previsto che ci possano essere però anche una differenziazione, almeno in astratto. Però la forza dell’intero meccanismo è di costruire un tessuto di misure che sia costruito su base regionale”.

I 21 indicatori

A tal proposito il consigliere regionale Niccolò Carretta (Azione), chiede che vengano resi disponibili i dati aggiornati per ragionare su aree specifiche.

“Prendere nuove decisioni per stabilire nuove misure maggiormente restrittive è stato doveroso anche se credo sia stata una reazione un po’ tardiva. Fare queste scelte basandosi si indicatori precisi e aggiornati è fondamentale. Per questo mi unisco all’appello di tanti amministratori locali, soprattutto delle aree nella zona rossa, e chiedo insieme a loro che vengano resi pubblici tutti questi indicatori e i dati di riferimento in ogni provincia. Questo potrebbe permettere di mettere in luce luoghi o aree in cui concedere alcune deroghe ad esempio per consentire la didattica in presenza alle medie o gli spostamenti tra comuni vicini per non penalizzare eccessivamente alcune categorie di esercenti. Dobbiamo provarci perché è lo stesso dpcm che lo prevede, ma soprattutto perché i cittadini devono essere in grado di sapere su quale base si fonda il loro ennesimo sforzo e sacrificio. Le polemiche non servono; si usino gli strumenti a disposizione”.

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