STORIE VERE

Coronavirus: nel libro dedicato agli infermieri in prima linea storie toccanti da Cremona e Crema

Anche i racconti di due infermiere e una dottoressa cremonesi nel libro 'Racconti di cura che curano', l'ebook di Rosa Silvia Fortunato sul "popolo degli infermieri".

Coronavirus: nel libro dedicato agli infermieri in prima linea storie toccanti da Cremona e Crema
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Il diario dal fronte del Coronavirus. Ci sono anche le parole toccanti di due infermiere e di una dottoressa cremonesi a comporre i Racconti di cura che curano (sottotitolo: ‘Pensieri ed emozioni di chi affronta l’emergenza Covid19 in prima linea’), l’ebook di Rosa Silvia Fortunato (Clown Bianco Edizioni).

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Infermieri in prima linea

“Attraverso questa raccolta di testimonianze si vuole far emergere un popolo, quello degli infermieri, che per tanti decenni – scrive la curatrice, infermiera anch’essa, casa e impiego a Bologna – è stato in sordina il motore propulsore dell’attività sanitaria, lavorando sempre con dedizione e amore, esattamente come adesso, ma con la differenza che oggi più che mai la gente ha confermato di capire la loro importanza”.

La copertina del libro è (poteva essere altrimenti?) l’immagine (in bianco nero quella originale, a colori quella pubblicata) simbolo della lotta al virus: Elena Pagliarini, 43 anni, infermiera del pronto soccorso del Maggiore, esausta sul suo computer. Il suo racconto, uno dei 60 che compongono l’antologia, è intitolato ‘Stanchezza’.

“E’ stato un momento di sconforto, il turno stava per finire e io mi sentivo impotente. Prima di addormentarmi avevo pianto a dirotto, poi sono crollata. Non pensavo che la fotografia suscitasse tanto interesse”. “Ho molta passione per il mio lavoro, lo faccio senza voler essere ringraziata – continua Elena -. In realtà non mi sento stanca fisicamente, potrei lavorare anche 24 ore di fila se necessario. Non nascondo che in questo momento sto combattendo contro un nemico che non conosco. Non vedo l’ora che tutto finisca”.

A scattare la foto è stata, come noto, Francesca Mangiatordi, 46 anni, medico del pronto soccorso.

“Vedere Elena stremata dormire su un cuscino di fortuna e sulla tastiera del computer, dopo molte ore in turno, mi ha suscitato molta tenerezza”. Con quello scatto “ho voluto raccontare la nostra umanità: siamo donne e uomini, e nonostante i ritmi serrati di questi giorni, troviamo sempre il giusto spirito e l’energia per continuare. La stanchezza fisica passa, è il lato emotivo che ci segna di più: le scene che vediamo sono quelle che ci portiamo a casa la sera”.

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Il dramma della terapia intensiva

C’è poi la testimonianza di Simona Monorchio, 29 anni, infermiera dell’ospedale di Crema, che descrive minuziosamente le difficili condizioni di di lavoro in terapia intensiva.

“Quello che nessuno può sapere o immaginare è che, una volta indossate con meticolosa scrupolosità le protezioni, mi ritrovo chiusa in quella tuta che mi accompagnerà fedelmente per tutto il turno. Abbandono i pensieri personali e la mente corre ai pazienti da assistere e lo sconforto inevitabile giunge quando scopri che uno se n’è andato, lui si è arreso all’inevitabile. Ma io non ho il tempo di farlo, un altro ha preso il suo posto”. “Dopo qualche ora che si indossano le protezioni, il dolore si fa sentire – dice ancora Simona -. Loro devono aderire bene al volto, tanto che lasciano tumefazioni, ma non hai il tempo di pensarci. Capita poi che devi mettere a posto gli occhiali o la mascherina, allora senti la paura bussare sul casco e quel dolore insopportabile al viso, alle mani. Cerchi di non sentirlo, di resistere, lo devi fare perché a casa mi aspetta la mia famiglia. Allora cerco di andare avanti e quel momento di sconforto lo ricaccio indietro e riprendo il mio lavoro senza mollare perché l’unica possibilità che ho è quella di resistere”. Alla fine di ogni turno, “mi prendo tutto il tempo perché la svestizione è molto meticolosa, devo prestare attenzione a quello che tocco. Restare per così tanto tempo con indosso la maschera limita il respiro, quindi, quando hai finito, senti il bisogno di respirare a pieni polmoni, di nutrirti di aria fresca”.

L’iniziativa ha uno scopo nobile: il ricavato del libro (costo 5 euro, disponibile esclusivamente in formato digitale e scaricabile sul sito della Clown Bianco Edizioni, di Ravenna) andrà in beneficenza e verrà devoluto al progetto NoicongliInfermieri della Fnopi (Federazione nazionale ordini professionali infermieristiche), che ha creato un fondo di solidarietà per aiutare gli infermieri contagiati.

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