Scuola

Gli studenti cremaschi incontrano la scrittrice Marina di Guardo per parlare di violenza sulle donne

Appuntamento online con i ragazzi e le ragazze della Consulta e del liceo Racchetti di Crema.

Gli studenti cremaschi incontrano la scrittrice Marina di Guardo per parlare di violenza sulle donne
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“Violenza sulle donne, è importante denunciare”: la scrittrice cremonese Marina Di Guardo, ha incontrato gli studenti. Nell’appuntamento online con i ragazzi e le ragazze della Consulta e del liceo Racchetti di Crema tante domande sul thriller, sulla scrittura e su temi sociali spesso al centro dei romanzi dell’autrice.

L'importanza di denunciare

«A volte noi stessi siamo a conoscenza di violenze: parliamo con le vittime e convinciamole a denunciare. Siamo solidali con loro, e non solo a parole se possiamo. Spesso le donne vittime di violenza non hanno indipendenza economica, quindi diventa difficilissimo ricostruirsi una vita. Parliamo di questo problema, senza mai far scendere l’attenzione».

È un passaggio del lungo incontro che nei giorni scorsi la scrittrice cremonese Marina Di Guardo, nel 2020 tornata nelle librerie con il romanzo Nella buona e nella cattiva sorte (Mondadori), ha tenuto insieme agli studenti della Consulta e del liceo Racchetti di Crema in un appuntamento online organizzato grazie all’Ufficio Scolastico Territoriale di Cremona e aperto dal dirigente dell’UST di Cremona Fabio Molinari.

Una chiacchierata a ruota libera attorno al mestiere dello scrittore, lungo le traiettorie del thriller - il genere prediletto da Di Guardo -, ma con un affondo dedicato proprio alla violenza sulle donne, tema che l’autrice ha più volte incrociato nei propri romanzi e sul quale si è particolarmente soffermata tra una domanda e l’altra.

«Purtroppo - ha ricordato -, soprattutto in caso di stupro, ancora si pone ancora l’accento su particolari del tipo: come era vestita la vittima? Perché era andata a una festa? Perché si è fatta accompagnare a casa? Come se questi particolari fossero prova di consenso... insomma un modo di pensare che rivela una pochezza incredibile».

Dalla cronaca alla romanzesco, parlando proprio dell’ultima fatica letteraria:

«Quando ho iniziato a scrivere il mio ultimo libro, avevo in mente i tanti femminicidi di cui purtroppo leggiamo spesso sui giornali, un’emergenza non solo italiana e che non dipende certo dal ceto o dalla posizione sociale. La trama è invece frutto della mia fantasia. Mi piaceva l’idea di un personaggio, di una donna che, in auto con la figlia, decide di scappare lontano dai soprusi perpetrati dal marito».

Studenti interessati e attivi

Tantissimi e puntuali sono stati gli interventi degli studenti, alcuni dei quali entrati nello specifico delle tecniche narrative e dei profili psicologici dei personaggi:

«Il mio primo romanzo l’ho scritto di getto, così come il secondo - ha ricordato Di Guardo -, e fortunatamente si sono dimostrati coerenti. Confrontandomi con scrittori famosi, fra cui Sergio Alteri, scomparso tre anni fa, ho capito l’importanza di iniziare a scrivere una storia con una traccia della trama già messa nero su bianco. Fu proprio Sergio a dirmi: “La testa magari ricorda tutto, ma se prima di cominciare abbozziamo la trama, tutto funzionerà meglio. La trama poi si può sempre cambiare”».

Quando tutto è cominciato..

Non è mancato un salto indietro nel tempo, agli esordi di una carriera da scrittrice di successo avvenuta già in età matura (il primo romanzo è del 2012):

«Quando le mie figlie hanno iniziato a studiare all’università o a lavorare, mi sono sentita persa. Avevo fin da piccola questa passione della scrittura,  che coltivavo in maniera un po’ sporadica. Ho iniziato il mio primo romanzo da completa autodidatta. Avevo una storia in testa, la scrissi e provai a spedirla a varie case editrici. Mi pubblicò in piccolo editore, senza chiedermi contributi». Il resto è una via che porta prima a Feltrinelli poi a Mondadori. Un sogno avverato e custodito fin dall’infanzia e di cui oggi Di Guardo fa tesoro: «Credete sempre in quello che avete dentro, e mettetevi in gioco. Rinunciare a priori è la cosa più triste che si possa fare».

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