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Inammissibile la proposta di referendum sulla sanità lombarda

Si è svolta tra non poche contestazioni la votazione per valutare l’ammissibilità della proposta di referendum abrogativo parziale del Testo Unico delle leggi regionali in materia di sanità

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Nella seduta consiliare del 12 settembre, la prima di ritorno dalla pausa estiva, si sono subito accesi i toni tra gli esponenti della maggioranza e della minoranza. La motivazione è stata la votazione sull’ammissibilità o meno della proposta di referendum abrogativo parziale del Testo Unico delle leggi regionali in materia di sanità, presentata il 27 luglio da un comitato promotore composto da sindacati e associazioni della società civile. La maggioranza ha votato dichiarandone l'inammissibilità, tra le proteste della minoranza, che ha manifestato la propria indignazione esponendo dei cartelli in cui accusavano la destra di "mettere il bavaglio" alle istanze dei cittadini lombardi.

Il video delle proteste in aula

La proposta di referendum

Con 45 voti favorevoli su 47 presenti il Consiglio regionale ha approvato l’ordine del giorno della maggioranza che delibera l’inammissibilità della proposta di referendum abrogativo relativa a tre parti del testo unico delle leggi regionali in materia di sanità.
La proposta, sottoscritta da 117 cittadini, era stata presentata lo scorso 27 luglio ed era stata esaminata dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale il 25 agosto. Non avendo raggiunto l’unanimità, l’Ufficio di Presidenza aveva demandato la questione al Consiglio regionale come previsto e richiesto dalla normativa vigente.

Il primo quesito chiedeva di eliminare il richiamo all’equivalenza tra l’offerta sanitaria e socio-sanitaria delle strutture pubbliche e private accreditate nonché il richiamo al principio della parità di diritti e di obblighi per tutti gli erogatori di diritto pubblico e di diritto privato.

Il secondo quesito prevedeva l’eliminazione della facoltà delle ATS di autorizzare la stipula di accordi anche con soggetti privati accreditati in possesso di determinati requisiti.

Il terzo quesito prevedeva di escludere la possibilità di concorso dei soggetti erogatori privati all’istituzione degli ospedali di comunità e delle case di comunità previste dal piano nazionale di ripresa e resilienza.

La delibera dell’Ufficio di Presidenza del 25 agosto richiamava un approfondimento da parte degli uffici competenti nel quale erano illustrati i contenuti della legge n.34 del 1983 relativa alla disciplina dei referendum regionali e nel quale veniva richiamata la giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia con riferimento ai criteri di ammissibilità dei quesiti.

L'ordine del giorno della maggioranza

Il documento, primo firmatario il Vice Presidente del Consiglio Giacomo Basaglia Cosentino (Lombardia Ideale), approvato a maggioranza assoluta come richiesto dalla legge, richiama le procedure referendarie previste dalla legge regionale n.34 del 1983 che rimandano all’Assemblea consiliare la decisione “qualora l’Ufficio di Presidenza non si pronunci all’unanimità”. Riferendosi al criterio che ogni quesito deve essere “chiaramente e immediatamente intellegibile dal corpo elettorale”, si sottolinea in particolare che il primo quesito verte su singole parole e non su leggi, interi articoli o commi, come invece previsto.

Quanto al secondo e terzo quesito, viene considerato che riguardano proposte di abrogazione che “potrebbero determinare carenze nella capacità del sistema di garantire l’erogazione delle prestazioni idonee ad assicurare i livelli essenziali di assistenza, con conseguente potenziale lesione del principio costituzionale di tutela della salute”.

Tutti i quesiti inoltre “sono caratterizzati da contraddittorietà e assenza del carattere unitario” e dalla “presenza di temi distinti e non omogenei, suscettibili di determinare atteggiamenti differenziati nel corpo elettorale”. Si tratta, dichiara l’ordine del giorno approvato, di “vizi insanabili”.

Le posizioni della minoranza

Due le motivazioni alla base delle proteste partite dal PD e poi sostenute anche dagli altri capogruppo di minoranza, come ha spiegato il vicepresidente Emilio Del Bono in avvio di dibattito. La prima riguardava la procedura prevista dalla Legge n.34 del 1983 per i referendum abrogativi.

"La Legge dell'83, sul referendum abrogativo affida il primo vaglio all'ammissibilità dei quesiti referendari all'Ufficio di Presidenza, che è incaricato di verificarla sulla base di 4 criteri. In questo contesto, l'Ufficio di Presidenza ha scelto di scaricare la responsabilità sul Consiglio Regionale, senza però prima svolgere tutte le verifiche necessarie. Nel caso in cui l’oggetto del quesito sia ritenuto non chiaro ed univoco o non conforme l'Ufficio di Presidenza, con provvedimento motivato, deve disporre la sospensione della procedura, invitando i promotori a riformulare la proposta, sulla quale si esprimerà il giudizio definitivo di ammissibilità, tenendo un'udienza conoscitiva con una delegazione dei promotori i quali, ove lo ritengano opportuno, possono presentare memorie e pareri. Questa udienza però non è avvenuta, per questo riteniamo necessario che la questione venga rimandata all'Ufficio di Presidenza e non discussa in quest'aula"

La seconda motivazione faceva invece riferimento a quanto previsto dallo Statuto della Regione Lombardia, che in materia di referendum abrogativo, prevede che sulla ammissibilità decida la Commissione garante dello Statuto secondo le modalità previste dalla legge. Questa Commissione però non è mai stata nominata, e quindi le sue funzioni sono delegate all'Ufficio di Presidenza. Su questa voce si è espressa in particolare la capogruppo di Azione-Italia Viva Lisa Noia, definendola una: "Situazione di anomalia gravissima e palese violazione statutaria".

Il capogruppo Nicola Di Marco (5 Stelle), ha poi aggiunto: "Non è stata data la possibilità ai cittadini, agli organi sociali e realtà sindacali, che hanno elaborato una proposta di questo tipo una piena soddisfazione. Non c'è stata una completa valutazione ma una semplice scheda accompagnatoria che fanno di questi 3 quesiti un mazzo unico. Non essendoci questo Comitato garante dello Statuto, noi riteniamo che sia opportuno rimandare la questione all'interno dell'Ufficio di Presidenza, e convocare il comitato promotore".

Il momento del voto e le proteste

Non è stato però sottoposto al voto, in quanto ritenuto inammissibile dagli uffici del Consiglio regionale preposti, l’ordine del giorno di PD, M5Stelle, Patto Civico e AVS e sottoscritto anche dai due componenti di minoranza dell’Ufficio di Presidenza.
Il documento chiedeva la sospensione della procedura per invitare i proponenti a riformulare la proposta “al fine di consentire l’espressione del giudizio definitivo di ammissibilità”. La decisione del Presidente di non ammettere al voto l’odg in quanto “non inerente all’oggetto della discussione”, come indicato dagli uffici, e di non concedere una sospensione dei lavori, è stata accolta dai banchi della minoranza con espressioni e atteggiamenti di protesta.

Il capogruppo del PD Pierfrancesco Majorino ha così chiosato durante il dibattito:

"Il merito della discussione oggi prescinde dalle nostre singole valutazioni. Vogliamo o no permettere, attraverso uno strumento come quello referendario la possibilità ai cittadini lombardi di provare a esprimersi sulla materia sanitaria. Quello che state mettendo oggi è un bavaglio goffo e fragile segno di una straordinaria debolezza. Avete paura che si apra il confronto sulla sanità lombarda. Siete autori di una forzatura che non si giustifica da nessun punto di vista perché non volete dare la parola ai lombardi sulla qualità della politica sanitaria. Date l'impressione che non vogliate disturbare qualcuno che negli anni passati si è arricchito".

In seguito si è svolta la votazione dell'ordine del giorno proposto dai consiglieri di maggioranza, durante la quale i consiglieri di minoranza non hanno votato e in segno di protesta hanno esposto dei cartelli con le affermazioni: "La destra toglie la parola ai lombardi", "sulla tua salute decidono loro", "la destra ha paura della voce dei lombardi", "lasciateci votare sulla nostra salute".

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