Il primo caso il 12 gennaio 2001

Mucca pazza: a 20 anni dal primo caso l'Italia è la più green in Europa

Voltini, Coldiretti Cremona: “Puntiamo su qualità, sicurezza e trasparenza. Il cibo è la prima ricchezza del Paese”.

Mucca pazza: a 20 anni dal primo caso l'Italia è la più green in Europa
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“Dopo l’emergenza mucca pazza l’Italia è diventata il Paese più green d’Europa, con l’agroalimentare che è oggi la prima ricchezza del Paese, con 538 miliardi di valore dai campi agli scaffali fino alla ristorazione che garantisce 3,6 milioni di posti di lavoro e vale il 25% del Pil”.

Mucca pazza: nel 2001 il primo caso

E’ quanto sottolinea Paolo Voltini, Presidente di Coldiretti Cremona, nel ricordare che il 12 gennaio 2001 è stato individuato il primo bovino in Italia colpito dal cosiddetto morbo della mucca pazza, l’encefalopatia spongiforme bovina (Bse) diagnosticata per la prima volta in un allevamento in Gran Bretagna nel 1985 e poi diffusa in tutta Europa.

“Una dimostrazione oggettiva che – sottolinea Voltini – dalla shock dell’ultima grande epidemia, prima del Covid, impressa nella memoria collettiva è nata un’Italia migliore grazie alla scelta di investire su un progetto strutturale di rigenerazione che ha consentito al Paese di conquistare primati europei dal punto di vista quantitativo e qualitativo”.

Italia nazione più green dell'Unione

L’agricoltura italiana a distanza di 20 anni è prima in Europa per valore aggiunto – evidenzia Coldiretti Cremona – ma è anche la più green dell’Unione, con 311 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, 5155 prodotti tradizionali regionali censiti lungo la Penisola, la leadership nel biologico con oltre 70mila aziende agricole bio, oltre al primato della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari.

“La nostra agricoltura, anche nei giorni più duri della pandemia dovuta al Covid, non si è mai fermata ed ha garantito l’approvvigionamento alimentare della popolazione non facendo mai mancare beni essenziali nonostante le molteplici criticità” sottolinea Paola Bono, Direttore di Coldiretti Cremona. “Bisogna dunque ripartire dai punti di forza dell’Italia, con l’agroalimentare che  ha dimostrato resilienza di fronte la crisi e può offrire con la rivoluzione verde un milione di preziosi posti di lavoro green nei prossimi dieci anni, come dimostra il boom del 14% di nascite di nuove imprese agricole under 35 negli ultimi 5 anni, in netta controtendenza rispetto agli altri settori”.

Più qualità e sicurezza alimentare

La scoperta del primo caso in un allevamento italiano ha dato il via all’emergenza nella Penisola dove – ricorda la Coldiretti – sono state adottate drastiche misure di prevenzione che hanno portato da oltre un decennio alla scomparsa della Bse dalle stalle nazionali. Efficaci misure sono state messe in atto per far fronte all’emergenza, come il monitoraggio di tutti gli animali macellati di età a rischio, il divieto dell’uso delle farine animali nell’alimentazione del bestiame e l’eliminazione degli organi a rischio Bse dalla catena alimentare. Ma soprattutto – precisa la Coldiretti – è cresciuta l’attenzione alla qualità, alla sicurezza alimentare e alla trasparenza dell’informazione.

Prodotti tipici, biologici e a chilometro zero

Un cambiamento sostenuto anche dalla domanda degli italiani, che nel corso degli ultimi 20 anni hanno moltiplicato gli acquisti di prodotti tipici, di prodotti biologici e soprattutto di prodotti locali a chilometri zero direttamente dagli agricoltori. L’Italia è l’unico Paese del mondo che può contare su una rete organizzata di vendita diretta degli agricoltori, con Campagna Amica che mette a disposizione delle famiglie circa 1.200 mercati contadini a livello nazionale sia all’aperto che al chiuso con una varietà di prodotti che – spiega la Coldiretti – vanno dalla frutta alla verdura di stagione, dal pesce alla carne, dall’olio al vino, dal pane alla pizza, dai formaggi fino ai fiori per una spesa annua che prima dell’emergenza ha raggiunto i 2,5 miliardi di euro.

Dall’emergenza mucca pazza è emersa dunque – evidenzia la Coldiretti – un’agricoltura rigenerata attenta alla qualità delle produzioni, alla salute, all’ambiente e alla tutela della biodiversità come dimostra il fatto che i mentre consumi domestici di alimenti biologici raggiungono la cifra record di 3,3 miliardi mentre la cosiddetta #DopEconomy, sviluppa 16,9 miliardi di euro di valore alla produzione.

L'indicazione dell'origine

“La mucca pazza è stata uno spartiacque tra un modello di sviluppo dell’agroalimentare rivolto solo al contenimento dei costi ed uno attento alla qualità, all’ambiente e alla sicurezza alimentare e alla trasparenza dell’informazione ai consumatori” rimarcano Paolo Voltini e Paola Bono, nell’evidenziare che proprio nel 2000 è iniziato un percorso, fortemente sostenuto dalla Coldiretti, per garantire la rintracciabilità delle produzioni dal campo alla tavola, con un adeguato sistema di etichettatura di origine. Oggi tre quarti della spesa degli italiani non è più anonima, dalla carne al latte, dalle uova al miele, dalla frutta alla verdura, dalla pasta al riso fino ai salumi che avranno l’indicazione di origine obbligatoria a partire dalla fine di gennaio. “La nostra battaglia per la trasparenza prosegue – assicura Voltini – poiché l’obiettivo è che l’obbligo di indicazione dell’origine sia esteso a tutti gli alimenti. Un’istanza che unisce cittadini e agricoltori. Da un lato si difende la salute dei cittadini, insieme al loro diritto ad essere pienamente informati in merito ai cibi che acquistano e portano in tavola. E, nel contempo, così si tutela il reddito delle aziende agricole, difendendole dalla concorrenza sleale di prodotti anonimi, che giungono da chissà dove, per poi essere spacciati per prodotti nazionali”.

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