Rivolta d'Adda

Morì bruciato vivo in un incendio, l’appello dall’India della moglie: “Ridatemi la salma di mio marito”

La salma del mungitore bruciato vivo in cascina è ancora in Italia e la moglie dall’India sospetta che sia stato ucciso.

Morì bruciato vivo in un incendio, l’appello dall’India della moglie: “Ridatemi la salma di mio marito”
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La moglie dell’operaio indiano morto tra le fiamme nella sua roulotte a Rivolta d’Adda, in località San Giorgino, lo scorso 23 dicembre, chiede di riavere ciò che resta del corpo del marito, oltre a un risarcimento dai Governi italiano e indiano.

L’appello disperato della moglie

La donna si chiama Daljit Kour e, come riporta Prima Treviglio, nei giorni scorsi ha scritto diverse email al consolato indiano a Roma, ai carabinieri della stazione rivoltana e al nostro settimanale, per lanciare un accorato appello: vuole dare degna sepoltura alla salma di suo marito Sukhjinder Singh, secondo la tradizione sikh,  e  dato che dal reddito dell’uomo dipende la sussistenza dell’intera famiglia, chiede anche di avere quanto le spetta e che le serve per sopravvivere con il figlioletto di otto anni. Non solo, denuncia di essere vittima di estorsione da parte di qualcuno e di sospettare che possa non essere stato un omicidio a strapparle il suo amato.

Bruciato vivo in cascina

Una spaventosa tragedia quella che ha chiuso un 2020 nero, che aveva lasciato la comunità sotto choc: Sukhjinder Singh era un mungitore 30enne, che lavorava nell’azienda agricola della famiglia Invernizzi. Originario del Punjab, nel nord dell’India,  era stato estratto carbonizzato dalla roulotte dove viveva, posteggiata sotto una tettoia all’interno dell’azienda.

Le sirene spiegate di due squadre dei Vigili del fuoco di Crema e Milano avevano fatto sobbalzare i rivoltani, che li avevano visti dirigersi spediti verso la località San Giorgino, sulla strada che conduce a Spino. Non un semplice incendio con danni alle cose, purtroppo, ma una disgrazia indicibile, sulla quale sono ancora in corso le indagini degli inquirenti.

Roulotte distrutta

Una scena agghiacciante quella che si erano trovati davanti i pompieri e i soccorritori: il rogo infatti aveva distrutto la roulotte dove viveva e quanto gli stava intorno, e il corpo dell’indiano imprigionato dentro era ormai carbonizzato. Sul posto si era immediatamente precipitata anche una pattuglia dei carabinieri della stazione cittadina, con il maresciallo Stefano Mazzarotto insieme ai suoi uomini, che insieme all’Ispettorato del lavoro aveva raccolto i primi elementi per ricostruire l’accaduto e spedito gli atti in Procura.

Le indagini

Tuttavia il compito di stabilire come mai siano divampate le fiamme spetta ai Vigili del fuoco milanesi, specializzati. Ma le indagini risultano ancora in corso e il luogo dove è avvenuta la tragedia sotto sequestro. Tra le ipotesi un corto circuito, ma non si può ancora escludere nulla, nemmeno l’omicidio. Quel che è certo, per ora, è solo il terribile dolore che attanaglia i familiari dell’operaio e i datori di lavoro che lo avevano accolto nell’azienda.

«È ancora tutto fermo da quel giorno, ci dicono solo che le indagini sono in corso – ha raccontato la titolare dell’azienda piena d’amarezza –  Erano le 7 quando un altro operaio ha visto del fumo uscire dalla roulotte. Abbiamo fatto il possibile, poi sono arrivati i pompieri ma non c’è stato nulla da fare. Non aveva l’auto, l’avevano portato qui dei parenti con quella perché noi non avevamo un alloggio a disposizione per lui. Parlava pochissimo italiano e non era qui da molto, lo conoscevamo poco, sappiamo solo che aveva una moglie e un figlio di 8-9 anni in India. Aspettiamo il risultato delle indagini, è ancora tutto sotto sequestro, finora silenzio assoluto. Ogni giorno che passa abbiamo sempre più il cuore pieno di angoscia, non sappiamo come andrà a finire e un uomo di 30 anni è morto qui a casa nostra…».

La salma a Crema

La salma si trova ancora all’obitorio di Crema, il trasferimento risulta autorizzato ma per le pratiche per il rimpatrio è competente il consolato indiano a Milano. La nostra redazione ha contattato la sede ma non è giunta ancora risposta. La questione resta dunque aperta, la famiglia attende di sapere cos’è successo realmente quel maledetto 23 dicembre 2020, di poter piangere il proprio caro in Patria e di ricevere un sostentamento, così come gli Invernizzi di mettere fine a un incubo.

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