Immagini pedopornografiche sul tablet: condannato a 4 mesi
L’imputato si è difeso parlando di un errore, ma per l’accusa ci sono elementi di dolo

Dopo il sequestro del tablet, svolto dagli investigatori, è emersa l’amara scoperta: 60 fotografie e 59 video di bambini e bambine “di natura esplicitamente pedopornografica”.
L'uomo di Cremona, sposato e padre di un ragazzo disabile, è quindi finito a processo per detenzione di materiale pedopornografico, ed è stato condannato ieri, mercoledì 18 giugno 2025, con pena sospesa e senza menzione.
Materiale pedopornografico, il processo
Per lui è arrivata la condanna a 4 mesi, nonostante la richiesta del pm onorario Silvia Manfredi, la quale aveva richiesto una condanna di un anno, poiché i materiali scaricati e conservati nella memoria del tablet, a suo dire, dimostravano la volontà di continuare a visionarli.
La perquisizione
L'inchiesta, nata da un'indagine nazionale sulla pornografia minorile, ha portato all'identificazione dell'uomo tramite la sua utenza telefonica. Il suo nominativo, insieme a molti altri, era stato trasmesso dalla centrale di Roma al Centro Operativo per la sicurezza cibernetica di Milano.
La perquisizione della Polizia Postale, che portò al sequestro di un tablet e due smartphone, avvenne il 31 agosto 2023. Solo dopo vennero trovate le immagini a contenuto esplicitamente pedopornografico. Parte delle immagini rimasero nella memoria temporanea del dispositivo, le restanti immagini vennero scaricate e salvate in una finestra temporale di 17 minuti, la sera dell’11 maggio.
Evidenti gli elementi di dolo
Tutto il materiale rinvenuto proveniva dalla nota piattaforma Telegram e, secondo gli inquirenti, non vi era traccia di diffusione. Dopo la richiesta del pubblico ministero onorario, l'imputato si era difeso dichiarando di aver cancellato le immagini dopo essersi stupito del loro contenuto e di non sapere come vi fosse arrivato.
Ha inoltre ribadito che il suo interesse è sempre stato rivolto esclusivamente alle donne adulte e, pertanto, non avrebbe mai pensato di fare una cosa simile. Il suo legale ha sostenuto che l’uomo non abbia utilizzato né condiviso quel materiale, ricordando anche che il figlio, seppur disabile, utilizzava i dispositivi a suo modo.
L’indagine ha escluso una diffusione dei contenuti ma, nonostante questo, per l'accusa rimangono evidenti gli elementi di dolo per la sola visione e conservazione del materiale pedopornografico.