Ieri la corte d’Appello di Torino ha confermato un principio già annunciato da un giudice cremonese.
Una sentenza che fa scuola..
Nella giornata di ieri, la Corte d’appello di Torino ha confermato la decisione assunta in primo grado dal tribunale di Ivrea, con la quale è stato confermato il nesso di causalità tra l’utilizzo continuo del telefono (per lavoro) e l’insorgere di alcune forme di tumore, nel caso specifico un neurinoma del nervo acustico, un tumore invadente ma fortunatamente benigno.
..ma già pronunciata da un giudice cremonese
Una sentenza che fa scuola e che segue le orme di un principio di diritto enunciato proprio dal giudice cremonese Antonella Nuovo, che si era pronunciata il 22 dicembre 2009 presso la Corte d’Appello di Brescia riconoscendo a Innocente Marcolini, ex dirigente aziendale di Brescia, che il tumore benigno al nervo trigemio era sorto quale conseguenza dell’uso prolungato del cellulare e del telefono per lavoro.
Un diverso precedente nel 2015
Anche a Cremona città nel 2015 un lavoratore si era presentato in giudizio denunciando il nesso di causalità tra il cellulare e la sua malattia, ma allora il giudice del lavoro Giulia Di Marco non aveva riconosciuto il nesso denunciato. Ai tempi era stato persino consultato Alessandro Polichetti, primo ricercatore del Centro nazionale per la protezione dalle radiazioni dell’Istituto superiore della Sanità, che aveva escluso la possibilità che la malattia derivasse dalle radiazioni del cellulare. Ma la sentenza torinese, seppur per un caso differente, ribalta tutto quanto affermato nel 2015 e riapre il dibattito.
La sentenza, che chiarisce che “esiste una legge scientifica di copertura che supporta l’affermazione del nesso causale secondo i criteri probabilistici ‘più probabile che non”, è in contrasto con quanto affermato ad agosto dall‘Istituto superiore di sanità, affermante l’assenza di connessione tra i due fattori.