VIRUS SBEFFEGGIATO

"Caro Coronavirus, come stai?", lettera d'amore (semiseria) indirizzata al famigerato virus

Un'anonima poetessa di Codogno ha regalato una lettera d’amore alla propria città, sbeffeggiando quel virus che da giorni li tiene chiusi in casa.

"Caro Coronavirus, come stai?", lettera d'amore (semiseria) indirizzata al famigerato virus
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Sono giorni di apprensione, di tensione e persino di paura, quelli che stanno vivendo molti lodigiani. Particolarmente coinvolti, come sappiano, sono alcuni paesi della Bassa che fino a nuovo ordine dovranno rimanere completamente isolati. Tra questi c’è Codogno, ritenuto il focolaio del Coronavirus. Ma anche in questi momenti difficili i cittadini sanno tirare fuori la loro caratteristica forza, riuscendo persino a sorridere alla vita, ricordando le cose belle che fino ad ora ha offerto loro. Ma, come riporta primaLodi.it, tra questi c’è una poetessa di Codogno, che ha regalato una lettera d’amore alla propria città, sbeffeggiando quel virus che da giorni li tiene chiusi in casa. La poesia è stata pubblicata sul sito del Comune e purtroppo – per ora – non se ne conosce ancora la firma.

Lettera semiseria di un’autrice anonima

"Caro Coronavirus, come stai?

Ho sentito che sei arrivato in Italia. Mi congratulo per la tua scelta, è noto in tutto il mondo che ci chiamano il Bel Paese. E come potrebbero fare altrimenti?

Abbiamo montagne, mari, isole, laghi, città d’arte, dell’ottimo cibo e del vino sublime. Ma vorrei soffermarmi sulla tua scelta di arrivare in pianura padana, nella fattispecie a Codogno. La questione mi tange, sono nata e ho vissuto lì per molti anni, i miei cari ancora abitano lì quindi lasciami il piacere di presentarti Codogno e i suoi abitanti. Per prima cosa sappi che tutti, ma proprio tutti, abbiamo una meravigliosa R di cui andiamo molto orgogliosi. E non credere a chi ti dice che è la R alla francese o la R di Parma. È la R di Codogno e su questo non si discute! Scommetto che tu, che la R non la sai dire perché sei cinese, farai un po’ ridere chiamandoti Colonavilus e ti presenterai in maniera pomposa come Covid 19.

Poi vorrei chiederti come mai proprio Codogno? Tu lo sai che la gente di quei posti è temprata dalla nascita?

Guarda che noi abbiamo la nebbia, il ghiaccio, il Po che fabbrica zanzare, allevamenti a non finire e spesso quello che chiamiamo “profumo di campi” è l’odore del letame usato per concimare! C’è persino una poesia dedicata ai nostri mucchi di letame! Abbiamo la fiera del bestiame a novembre e la frequentiamo fin dalla prima infanzia. Andiamo a vedere vacche e suini e ci mangiamo pane e porchetta e il frittellone caldo con un olio talmente esausto che ti lascia odore di fritto fino a Natale! E tutto ciò lo facciamo al freddo! Nello stesso periodo c’è anche la fiera dei divertimenti e i bimbi vanno sulle giostre nonostante le temperature invernali. L’abbiamo sempre fatto!

La maggior parte di noi potrebbe raccontarti numerosi sabato sera alle giostre o alle autopiste quando andava di moda la pancia nuda e noi la sfoggiavamo baldanzose senza pigliarci nemmeno un raffreddore. Molti altri potrebbero raccontarti di serate intere in piedi fuori dal Nottetempo, dallo Stige, dal Beso e tu te ne arrivi a febbraio con la temperatura mite a spaventare sta gente? Suvvia!

Quasi tutti siamo andati a scuola in bicicletta sempre, tutto l’anno e l’equipaggiamento per le intemperie consisteva in una borsina di plastica da mettere sopra la sella per non bagnarsi le chiappe e un ombrellino pieghevole che potevi usare solo se sapevi andare in bici con una mano sola.

Un’altra peculiarità di Codogno è che da sempre la gente si lamenta che a Codogno non si organizza niente e se si organizza non c’è risposta. Tu arrivi lì a scatenare l’epidemia? Sei un po’ ridicolo! Ti comunico che, se decidi di prolungare il tuo soggiorno, a maggio si organizza sempre la ciclolonga delle Rose, ti abbiamo fregato ancora con la R.

Dammi retta, procurati degli squisiti biscotti Codogno e della buona cotognata e torna da dove sei venuto perché sta gente lombarda è piuttosto cazzuta.

Ciao Coronavirus, senti che bella la mia R”.

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