"Tutto ok, torno presto"

Il primo paziente Covid dimesso dall'Ospedale di Cremona incontra i sanitari che gli hanno salvato la vita

Cesare Sommi ringrazia le tante persone che si sono prese cura di lui durante il mese e mezzo di ricovero: «Sono professionisti e persone straordinarie, mi hanno salvato».

Il primo paziente Covid dimesso dall'Ospedale di Cremona incontra i sanitari che gli hanno salvato la vita
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Cesare Sommi, il primo paziente Covid dimesso dall'Ospedale di Cremona incontra gli operatori sanitari che durante la pandemia gli hanno salvato la vita.

Il primo paziente Covid dimesso dall'Ospedale di Cremona incontra i sanitari

«Vorrei incontrarli perché mi hanno salvato». Cesare Sommi è stato il primo paziente estubato all’Ospedale di Cremona, dopo un mese e mezzo di ricovero nel marzo 2020.

Due anni dopo, ha ricontattato l’Asst di Cremona esprimendo il desiderio di rivedere e salutare gli operatori sanitari che l’hanno assistito durante i primi mesi della pandemia. Alcuni li riconosce al volo, altri li riscopre tramite un dettaglio – gli occhi, la voce, un tatuaggio – e li ritrova in una stretta di mano o un abbraccio.

Ad accoglierlo ci sono gli anestesisti Michele Cataldo, Fabiola Harizaj, Selene Ranocchia e Marco Gardini, gli infermieri Laura Antonioli, Lucia Marchesi, Maria Grazia Ponzoni, Monica Romani e Donatella Spataro, con l’ex coordinatrice Laura Rossi. Portano i saluti da parte dei colleghi che non hanno potuto presenziare all’incontro, ma non dimenticano i giorni passati con Cesare.

All’incontro partecipa anche Enrico Storti, Direttore di Anestesia e Rianimazione, «All’epoca dei fatti mi trovavo all’Ospedale di Lodi – sottolinea - in una situazione non diversa da quella vissuta a Cremona. Penso di parlare a nome di tutti nel dire che questo è un ringraziamento prezioso, che va a infermieri, Oss, medici, coordinatori, a tutti i professionisti che si sono trovati a gestire quei mesi fianco a fianco. Perché questo è un lavoro di squadra, nessuno gioca da solo».

L'arrivo a Cremona

Cremonese d’origine, oggi vive in un Comune mantovano non lontano da Suzzara. La sua odissea inizia il 29 febbraio 2020, quando accompagna il padre all’Ospedale di Mantova, perché mostra tutti i sintomi del Covid-19. «All’ospedale mi sono accorto che qualcosa stava cambiando», ricorda Cesare. «L’aumento di letti al pronto soccorso, l’allestimento del primo reparto Covid, molte cose lasciavano intendere che la situazione stava peggiorando».

Cesare assiste suo padre finché può, poi rientra a casa e si mette in isolamento. I primi sintomi confermano ciò che poche ore dopo sarà una diagnosi. Viene trasportato d’urgenza a Cremona: all’accesso in Pronto Soccorso segue subito il ricovero, con la notizia che sarebbe stato sedato ed intubato. «Ho spento il cellulare, ho tolto la fede… E mi sono svegliato dopo 18 giorni, tra i quali è trascorso anche il mio compleanno».

Il risveglio e la gioia

Medici e infermieri ricordano quel momento con sentimenti contrastanti, tra tensione e commozione: Cesare è stato il primo paziente Covid che si è risvegliato a Cremona, il primo a rimanere estubato e migliorare giorno dopo giorno, dimostrando che contro quella malattia ancora poco conosciuta c’era speranza.

«Sono stati giorni difficili – confermano gli operatori sanitari presenti all’incontro – vedere Cesare risvegliarsi ci ha dato una carica incredibile: era il primo momento di gioia, uno dei pochi, vissuti lì».

La ripresa è stata lenta, ma costante: Cesare ricorda i nomi e i volti – seppur coperti da visiere e mascherine – di medici, infermieri e operatori sociosanitari che l’hanno assistito dal ricovero alle dimissioni. Oggi ha 55 anni, due in più rispetto a quel compleanno del 13 marzo che non può ricordare.

«Se ho avuto paura? – riflette – È umano avere paura, ma con l’esperienza vissuta a fianco di mio padre mi sono sentito rassicurato, non ho temuto che fosse finita. Qui mi sono sentito accolto, coccolato, nonostante la situazione generale fosse terribile. Non tutti sono stati così fortunati».

"Tutto ok, arrivo presto"

Cesare torna a casa un mese e mezzo dopo il ricovero, poco prima di Pasqua e dopo il suo compleanno, trascorso in Terapia Intensiva. «Nel frattempo, mio padre è stato ricoverato a Cremona e purtroppo è venuto a mancare mentre ero incosciente. Una volta svegliato e spostato in reparto, hanno chiamato mia moglie e l’hanno fatta venire in camera, bardata con tutte le protezioni del caso. Hanno fatto in modo che fosse lei a darmi questa notizia, cui è seguito un colloquio con la psicologa».

La voce di medici e infermieri era il tramite per raggiungere casa quando la pandemia impediva ogni contatto: per farlo Cesare aveva carta e penna, scriveva tutto su un foglio e lo mostrava in videochiamata. Una delle infermiere ha conservato l’immagine del primo messaggio:

“Tutto ok! Arrivo presto”.

Poche parole segnate con la mano malferma di chi si è da poco riaffacciato alla vita, ma non perde un attimo per entrare in contatto con la moglie e i figli. Per dire che va tutto bene e presto sarà solo un ricordo. «Mi sono trovato circondato da ottimi professionisti e persone straordinarie: ho sentito il desiderio di ringraziarle, anche a distanza di due anni».

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