Carenza di medici di base, Moratti: "Lavorano poco". La replica: "Non sa di cosa parla"
Dopo le dichiarazioni dell'assessore regionale, penna alla mano per i presidenti provinciali degli Ordini lombardi.
"Il numero di ore che lavorano è profondamente diverso a chi lavora all'interno delle strutture ospedaliere. Questo è quello che crea questa percezione di carenza che non è una carenza data dal numero ma data dall'organizzazione".
Ha parlato così ai microfoni di Bergamo Tv l'assessore al Welfare di Regione Lombardia Letizia Moratti a proposito della carenza cronica di medici di medicina generale che le associazioni di categoria denunciano da anni. Parole che proprio non sono piaciute alla Federazione lombarda dei Medici e ai rispettivi Ordini provinciali.
Carenza di medici di base, scintille tra l'assessore e i medici lombardi
Così penna, o tastiera, alla mano, il presidente regionale di FromCeo Gianluigi Spata, ha scritto una lettera all'assessore. Ecco il testo integrale.
"Abbiamo appreso le Sue dichiarazioni, esternate alla stampa in occasione di una Sua visita del 23 ottobre scorso all’Ospedale Papa Giovanni di Bergamo, relative all’attività lavorativa dei medici di famiglia, dichiarazioni che dimostrano scarsa conoscenza della realtà lavorativa della medicina territoriale.
La medicina del territorio sta subendo le conseguenze dovute a una grave e reale carenza di MMG/PLS, a causa di un clamoroso errore di programmazione, da noi da anni denunciato, che determina un insufficiente ricambio generazionale e che, quindi, non permette un'adeguata ed efficiente copertura delle zone carenti. Tale situazione obbliga i medici di famiglia ad un impegnativo e inaccettabile ampliamento del massimale degli assistiti.
Come da Lei citato, l’orario di apertura degli ambulatori, proporzionale al numero dei pazienti, è sancito dall’ACN ma di fatto sono solo numeri che non riflettono la reale tempistica del quotidiano lavorativo della medicina territoriale, che non è fatta solo di visite ambulatoriali nelle quali lo studio è aperto al pubblico (peraltro, solitamente, ben di più di quanto prescritto dall'ACN e dagli accordi integrativi regionali), ma anche di visite domiciliari e di attività sul territorio, di espletamento delle attività burocratiche, di numerosissimi contatti con i pazienti mediante nuovi e tradizionali mezzi di comunicazione. Riteniamo quindi improprie le Sue dichiarazioni che evidenziano scarsa conoscenza della realtà lavorativa della medicina di famiglia e mettono in dubbio la professionalità e l’impegno dei MMG/PLS, che hanno affrontato con dedizione e impegno l’emergenza Covid.
Le ricordiamo le decine di medici di famiglia morti sul campo nella nostra Regione, per assistere i pazienti nella prima fase della pandemia, quando veniva loro negata persino la possibilità di acquistare le necessarie protezioni individuali: il numero di medici di famiglia caduti, proporzionalmente, è stato enormemente superiore a quello di ogni altra categoria di medici e di operatori sanitari.
Siamo invece d’accordo che la medicina del territorio debba essere rimodulata potenziando l’esistente e integrandola secondo i nuovi indirizzi dettati dalla Missione 6 salute del PNRR. In merito alle ipotesi di riordino Le alleghiamo, comunque, la comunicazione che Le avevamo inviato in data 15 febbraio 2021 e che non ha mai avuto riscontro.
Lei fa riferimento all’estero, ma all’estero nessun medico lavora senza il supporto diretto, nel suo studio, di infermiere e segretaria. Da noi gli infermieri del territorio sono allocati nei distretti ad “intercettare i bisogni”, mentre i medici di famiglia, sul territorio, da sempre invece risolvono i problemi, a mani nude. Lei parla di dipendenza, forse riferendosi al sistema portoghese, noi preferiamo parlare di professione, riferendoci a Germania, Francia e Regno Unito.
Lei parla di dipendenza senza sapere che, applicando le regole di tale rapporto di lavoro (malattia, INAIL, tutela della gravidanza, legge 104, ecc.), le servirebbe almeno il 30% in più di personale medico, che non può creare dal nulla. Lei parla di dipendenza, come se lo stato giuridico di pubblico impiegato, garantisse la governance di un sistema diffuso, che è molto diverso da quello organizzato di una struttura.
Sempre disponibili ad una fattiva collaborazione, ci auguriamo, nell’interesse dei cittadini lombardi, che lei voglia fattivamente coinvolgere le competenze della professione in un processo di riforma, che non può basarsi su ideologie e preconcetti, ma deve fondarsi sulla realtà dell’assistenza".