ALLARME LEGAMBIENTE

Anche in provincia di Cremona a rischio i prati da foraggio: un simbolo dell’agricoltura lombarda minacciato dalle colture intensive 

Dalla pianura alle montagne, i prati permanenti offrono latte di qualità, biodiversità e stoccaggio di CO2, ma la loro perdita accelera. Una legge regionale tenta di fermare l’emorragia.

Anche in provincia di Cremona a rischio i prati da foraggio: un simbolo dell’agricoltura lombarda minacciato dalle colture intensive 

I prati del Cremasco (ma non solo), fondamentali per lattefieno, biodiversità e stoccaggio di CO2, stanno scomparendo a ritmo allarmante, minacciando tradizioni agricole e ambiente. La tutela regionale tenta di fermare questa perdita.

A rischio i prati da foraggio

Da secoli, i prati lombardi costituiscono il cuore dell’alimentazione bovina. Il loro fieno e i foraggi di pascoli e marcite permettono di ottenere un latte più nutriente, ricco di vitamine e acidi grassi essenziali. Tanto che l’Unione Europea ha creato la denominazione “lattefieno”, riservata al latte prodotto da bovini nutriti prevalentemente con erba e fieno.

Al contrario, i formaggi industriali, anche quelli a marchio DOP, spesso derivano da allevamenti intensivi in cui gli animali sono nutriti con farine di soia o mais, perdendo il legame con i pascoli locali e il caratteristico sapore di fieno.

Benefici per animali, aziende e ambiente

Nutrire le vacche al pascolo non è solo una scelta di gusto: migliora la salute degli animali e riduce i costi alimentari per le aziende. Ma i prati non sono solo una risorsa economica: rappresentano un vero e proprio patrimonio ambientale.

Ospitano piante, insetti e altri invertebrati, proteggono i suoli e le acque e rendono il territorio più resiliente agli eventi meteorologici estremi. Non richiedono pesticidi e la loro fertilità naturale accumula humus, capace di trattenere fino a 600 tonnellate di CO2 per ettaro, più del doppio di un terreno coltivato.

La minaccia dei seminativi e del cemento

La trasformazione dei prati in terreni coltivati provoca la rapida decomposizione dell’humus e il rilascio di CO2 in atmosfera. In Lombardia, ogni anno, la perdita di prati permanenti genera emissioni climalteranti paragonabili a quelle di 400mila automobili.

I numeri sono allarmanti: i prati di pianura coprono oggi solo l’8% della superficie agricola regionale, e negli ultimi dieci anni sono scomparsi oltre 4mila ettari l’anno. Se la tendenza non si inverte, molti di questi ecosistemi potrebbero estinguersi entro vent’anni.

Salendo di quota, la situazione dei maggenghi per la produzione di fieno e degli alpeggi per il pascolo del bestiame non è migliore di quella delle pianure. Anche i prati montani stanno scomparendo, ma in questo caso la causa non è la trasformazione in colture industriali, ma la progressiva scomparsa e abbandono delle attività di alpeggio.

Una legge per la tutela dei prati stabili

Lo scorso luglio, il Consiglio Regionale ha approvato una legge per la tutela dei prati stabili. Tuttavia, la fiducia è limitata: nel 2022 una legge simile aveva previsto una banca dati dei prati, di cui oggi non si hanno notizie. Inoltre, le norme di semplificazione in discussione a Bruxelles potrebbero ridurre la protezione prevista dalla Politica Agricola Comune (PAC).

La custodia dei prati

Dal Parco del Ticino alla Valle del Mincio passando per il Cremasco e il Lodigiano, i veri custodi dei prati di pianura sono piccoli produttori che non vogliono sapere di lasciare le loro vacche chiuse in stalla, come la Cascina Selva di Ozzero (MI) nel Parco del Ticino, che produce formaggi che del fieno hanno il profumo e il colore, ma anche grandi imprese cooperative che trasformano il lattefieno in un Grana Padano dal sapore inconfondibile, come quello della Latteria San Pietro di Goito (MN), nel mantovano, o ancora aziende che prosperano in storiche cascine come l’Agricola Zipo di Zibido San Giacomo (MI), le cui vacche vivono a lungo sgambettando tra prati, boschi e rogge del Parco Agricolo Sud Milano.

“I consumatori devono sapere che c’è un modo sostenibile di approcciare i prodotti caseari lombardi”, afferma Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “Si dovrebbe da una parte ridurre il consumo di latticini, ma anche puntare sulla qualità, e ciò può offrire esperienze sensoriali uniche, con le quali nessuna produzione industriale può competere. Ricercare e apprezzare i sapori dei prati significa anche contribuire molto concretamente alla difesa della biodiversità agraria, e ridurre le emissioni di gas serra”.

Il sapore dei prati non è solo una questione gastronomica: è un indicatore di salute dell’ambiente, delle aziende agricole e della nostra stessa capacità di conservare il territorio.