Il Covid abbassa la speranza di vita degli italiani: Cremona tra le province con i dati peggiori
Rispetto a dodici mesi fa, la speranza di vita degli italiani si è abbassata in media di 1,2 anni. Nella nostra provincia tra i 3 e 4,5 anni.
Il Covid 19 non soltanto ha causato lutti, problemi di salute ed economici al nostro Paese (che peraltro non sappiamo ancora per quanto si protrarranno), ma ha anche abbassato - e non di poco - la nostra aspettativa di vita. E' quanto emerge dal Rapporto Bes pubblicato oggi, lunedì 6 settembre 2021, dall'Istat. L'istituto di statistica nazionale fissa a 82 anni l'aspettativa media: 79,7 per gli uomini e 84,4 per le donne.
Aspettativa di vita a picco con il Covid
I dati Bes (Benessere equo e sostenibile) dell'Istat vengono utilizzati per valutare il progresso della società italiana sia dal punto di vista economico sia da quello sociale e ambientale.
Rispetto a dodici mesi fa, la speranza di vita degli italiani si è abbassata in media di 1,2 anni. Ovviamente la situazione peggiore si verifica nelle zone maggiormente colpite dal virus. Bergamo, Cremona e Lodi fanno segnare un calo (per la popolazione maschile) tra i 4,3 e i 4,5 anni (4,3 a Bergamo e provincia, 4,5 a Cremona e Lodi). Per le donne nelle stesse province si registra un calo medio di 3,2 (Bergamo), 2,9 (Cremona e Lodi), 2,8 (Piacenza).
"Lodi, Bergamo, Cremona, Brescia, Piacenza e Parma rispetto al 2019, perdono più di 50 posizioni" nel ranking dell'aspettativa di vita", fa sapere l'Istat nella nota allegata allo studio.
Riduzioni meno marcate si osservano anche a Brescia (-2,5 anni), Pavia (-2,4), Vercelli (-2,3 anni), Lecco e Parma (-2,2 anni). Qualche calo anche al Sud, seppur più contenuto, si registra anche nelle province di Foggia (-1,7) ed Enna (-1,5 anni).
Siena è invece l'unica provincia italiana a non aver subito peggioramenti (83,7 anni sia nel 2019 che nel 2020).
I dati Bes sul lavoro
Quello sulla speranza di vita non è l'unico dato negativo del Bes. Come ampiamente prevedibile è negativo il saldo sul mercato del lavoro, in particolare per quelle categorie (giovani, stranieri e donne) che già erano maggiormente in difficoltà. Il tasso di occupazione della popolazione tra i venti e i 64 anni è infatti sceso al 62,6%, contro il 63,5% del 2019. E il fatto che il Covid abbia colpito maggiormente il Nord non ha contribuito a riequilibrare la situazione, con il Sud ancora decisamente indietro: nel Mezzogiorno il tasso di occupazione è del 48%, decisamente lontano dal 71,5% del Settentrione (nel Centro Italia, invece, si attesta al 67,4%).
Torna inoltre a crescere la percentuale dei Neet, cioè dei giovani che non lavorano e non studiano, che raggiunge il 23,3% (+1,1% rispetto al 2019), con un incremento più marcato al Nord (16,8%, +2,3%), rispetto al centro (19,9%, +1,8%) e al Sud, dove si registra una leggera contrazione (-0,4%), che non cambia sostanzialmente una situazione di maggiore difficoltà (il 32,6% degli under 30 non lavora o non studia).