"Premio Speciale"

Colombe d’oro per la Pace: premiato Paolo Miranda, l’infermiere fotografo di Cremona

Con la sua Reflex ha documentato l'eroismo e la quotidianità del memorabile sforzo espresso dagli operatori sanitari durante l'emergenza Covid.

Colombe d’oro per la Pace: premiato Paolo Miranda, l’infermiere fotografo di Cremona
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Sono stati premiati a Roma, presso la Sala Benedetto XIII della Comunità di Sant'Egidio, i vincitori della XXXVI edizione del Premio Colombe d'oro per la Pace, organizzato da Archivio Disarmo con il sostegno delle
Cooperative aderenti a Legacoop.

Colombe d’oro per la Pace, premiato Paolo Miranda

La Colomba d'oro per la Pace, opera dello "scultore dei Papi" Pericle Fazzini, viene assegnata ogni anno a personalità del mondo dell'informazione che si sono distinte nel far conoscere casi virtuosi di gestione nonviolenta dei conflitti e di cooperazione internazionale e, nella società civile, si sono fatte portatrici di ideali di empatia, solidarietà e dialogo fra le persone.

La Giuria – formata da Fabrizio Battistelli, Dora Iacobelli, Riccardo Iacona, Dacia Maraini, Andrea Riccardi e Tana de Zulueta – quest'anno ha insignito con la "Colomba d'oro per l'informazione" Nello Scavo
(giornalista di Avvenire), Antonio Mazzeo (blogger e giornalista freelance) e Francesca Nava (The Post Internazionale).

Il "Premio Speciale" di quest'edizione – che ha avuto come filo rosso la pandemia da coronavirus – è andato a Paolo Miranda (infermiere dell'Ospedale Maggiore di Cremona e appassionato di fotografia).

«Anche se sono qui a riceverlo, questo premio è per tutti gli operatori sanitari che in questo momento così difficile hanno dato tutto, alcuni perdendo anche la vita» ha invece dichiarato Paolo Miranda, che con la
sua Reflex ha documentato l'eroismo e la quotidianità del memorabile sforzo espresso dagli operatori sanitari. «Da sempre sono appassionato di fotografia, ma appena ho capito la gravità del momento – ha precisato Miranda – mi sono sentito in dovere di documentare quanto vedevo quotidianamente. Spesso ci siamo sentiti impotenti, a volte fallendo, ma per fortuna siamo riusciti a salvare tante persone. Sono onorato se, i miei scatti abbiano aiutato a far capire la gravità della situazione».

Una selezione delle fotografie di Miranda formavano una piccola mostra in sala durante la premiazione.
Paolo Miranda è stato premiato da Sabrina Alfonsi, Presidente del I Municipio di Roma, che ha dichiarato: «Per avere un mondo di pace, serve un mondo senza disuguaglianze. Il Premio Colombe d'Oro fa proprio questo: accende il faro sulle diseguaglianze da combattere per arrivare a ciò che aspiriamo. Le foto di Paolo – ha precisato Alfonsi – sono un punto di vista importante per raccontare quanto è stato difficile combattere l'emergenza Covid».

A fare gli onori di casa è stato Fabrizio Battistelli (Presidente Archivio Disarmo): «Questa tradizione del Premio non poteva certo fermarsi davanti all'emergenza Covid. La nostra società, mai come in questo periodo, mostra segnali di malessere provenienti dalla stessa natura che ci informano della gravità della situazione e, inoltre, dell'assoluta necessità di rivedere e ripensare i rapporti interpersonali con gli altri esseri viventi. Questo premio – ha detto Battistelli – testimonia la possibilità di una vita più pacifica e più giusta. Forse un’utopia, ma possibilità in cui noi crediamo fortemente».

«Tenere desta l’attenzione sulla criminalità organizzata, informare correttamente su un tema complesso e decisivo come l’immigrazione, arginare i danni della pandemia – ha ricordato nel suo saluto Mauro Lusetti, Presidente di Legacoop –  sono  i tre spunti che provengono dalle Colombe d’oro di quest’anno, altrettanti aspetti dell’impegno del movimento cooperativo che sta operando nella sana gestione dei beni sequestrati alla mafia, nella buona accoglienza di migranti e richiedenti asilo e nel benessere delle famiglie nei difficili mesi del lockdown».

Nello Scavo – autore di clamorose inchieste, tra cui quella sulla trattativa Italia-Libia in materia di immigrazione che ha coinvolto anche trafficanti di esseri umani – ha dichiarato: «Pensando al lavoro svolto in questi anni, vorrei dedicare questo premio al Mediterraneo. Una piazza in cui si affacciano popoli diversi. Non è stato facile documentare le vite che stavano per essere perdute, ma al tempo stesso è stato bello far parte di una coalizione di giornalisti internazionali che hanno voluto puntare i fari su intrighi di potere difficili da raccontare. Infine – ha concluso Scavo – vorrei dire "grazie" a chi mi ha consegnato questo premio, perché sarà ancora di più un impegno ad andare avanti nel mio lavoro».

Antonio Mazzeo si è occupato della militarizzazione del territorio in Sicilia e del ruolo della criminalità organizzata nell'edificazione di opere dannose per l'ambiente. «La situazione che stiamo vivendo in queste settimane non ha paragoni dal dopoguerra ad oggi. Mai come adesso, infatti, siamo vicini ad un conflitto tra i popoli. Questo – ha precisato Mazzeo – deve far capire quanto sia importante raccontare la quotidianità e tale pericolo. L'appello che faccio ai miei colleghi è quello di tornare ad essere operatori di pace. In tal senso voglio dedicare questo premio ai tanti "invisibili", giovani giornalisti e praticanti che per pochi euro documentano le realtà difficili d'Italia. Mi auguro – ha concluso – di poter lasciare ai miei figli un mondo di pace: questa è la speranza che non dobbiamo abbandonare».

Consegnando il premio, Valentina Grippo, consigliera della Regione Lazio, ha sottolineato la centralità dell’informazione e il ruolo che vi hanno i giovani professionisti: «per essi attività e promozione sugli aspetti internazionali come quelle svolte da Archivio Disarmo sono altamente formative».

Per Francesca Nava, che è stata la prima giornalista a indagare sull'epidemia di Covid 19 a Bergamo e sulle drammatiche conseguenze della mancata zona rossa ad Alzano Lombardo e a Nembro, il riconoscimento «è
una carica di grande responsabilità. A Bergamo ho avuto paura, perché per la prima volta ho avvertito in me
una mancanza di distacco come cronista. La paura di perdere l'equilibrio e "la giusta distanza" che servono per raccontare anche i fatti più scomodi. C'è bisogno di verità, perché senza c'è l'oblio. Da questa storia
dobbiamo imparare, rivedendo la nostra concezione di società: una lezione per noi e per chi ci governa».

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