Tamponi: Regione Lombardia dietro a Umbria, Veneto ed Emilia
La nostra Regione ha eseguito il maggior numero di test, ma c'è un ma ...
In base all'ultimo aggiornamento in Lombardia sono stati effettuati oltre 455mila tamponi. Un numero tra i più alti in Italia .... ma c'è da considerare anche la popolazione residente.
Tamponi, la Lombardia non è tra le migliori
“Siamo la Regione che fa più tamponi”. Una frase, una rassicurazione, sentita innumerevoli volte durante questi due mesi di lotta al coronavirus da parte dei vertici di Regione Lombardia. Un’affermazione però vera solo parzialmente, come dimostrano i dati raccolti e diffusi dalla Fondazione GIMBE, perchè il dato assoluto (effettivamente, il più alto in Italia) non può essere valutato senza considerare la popolazione residente. E così, la Lombardia con 255mila tamponi totali e oltre 10 milioni di abitanti scende rapidamente dal podio delle Regioni più virtuose.
I dati della Fondazione GIMBE
Ad oggi i tamponi effettuati in Regione Lombardia variano dai 6mila ai quasi 15mila giornalieri. Questi numeri però non corrispondono ai nuovi casi testati visto che comprendono anche i cosiddetti “tamponi di controllo” eseguiti al termine del periodo di quarantena dei pazienti dimessi. Prendendo ad esempio la giornata di mercoledì 6 maggio, in cui sono stati comunicati 14.516 tamponi, i nuovi testati sono stati 7.713, di cui 764 positivi.
Rischio nuovo lockdown
La Fondazione ha quindi analizzato i dati di tutte le Regioni degli ultimi 14 giorni, rilevando anche che circa un terzo dei tamponi sono “di controllo” e che “il numero di tamponi per 100.000 abitanti/die è molto esiguo rispetto alla massiccia attività di testing necessaria nella fase 2. Un problema, perchè con pochi tamponi tra la popolazione diminuisce la capacità di individuare i portatori del virus e isolare i loro contatti, allungando così i tempi della lotta al contagio. Cosa che durante la Fase 2 con il parziale ritorno alla libertà rischia di portare a un nuovo lockdown.
La classifica delle Regioni
La Fondazione ha quindi raggruppato le Regioni in base al numero di tamponi totali effettuati giornalmente ogni 100mila abitanti. Ecco la classifica che ne è risultata:
Media nazionale: 88 tamponi per 100.000 abitanti/die.
- Classe 1 (>250): nessuna regione
- Classe 2 (130-250): Provincia autonoma di Trento, Valle D’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano, Veneto, Friuli-Venezia Giulia
- Classe 3 (100-129): Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria, Liguria
- Classe 4 (60-99): Lombardia, Marche, Basilicata, Toscana, Molise, Abruzzo, Lazio
- Classe 5 (<60): Sardegna, Calabria, Campania, Sicilia, Puglia
Secondo la Fondazione, “i dati confermano la resistenza di alcune Regioni ad estendere massivamente il numero di tamponi, in contrasto con raccomandazioni internazionali, evidenze scientifiche e disponibilità di reagenti. Infatti l’Organizzazione Mondiale della Sanità incoraggia l’estensione dei tamponi e l’ analisi della Fondazione Hume ha dimostrato una correlazione inversa tra tamponi e mortalità: ovvero ‘più tamponi, meno morti'”.
Inoltre, continuano, “150 docenti sostenitori della riapertura in sicurezza hanno lanciato un appello in 11 punti: ‘più tamponi per salvare la Fase 2’ e il commissario Arcuri ha confermato che sono già stati distribuiti 3,7 milioni di tamponi alle Regioni, che nelle prossime settimane ne riceveranno altri 5 milioni già acquisiti“.
I dubbi del Presidente della Fondazione
Se i reagenti ci sono e la necessità pure, perchè così pochi tamponi?
“Alla luce di questi dati la Fondazione GIMBE – conclude il Presidente Nino Cartabellotta – da un lato richiama tutte le Regioni a implementare l’estensione mirata dei tamponi diagnostici, dall’altro chiede al Ministero della Salute di inserire tra gli indicatori di monitoraggio della fase 2 uno standard minimo di almeno 250 tamponi diagnostici al giorno per 100.000 abitanti. Il Governo infatti, oltre a favorire le strategie di testing, deve neutralizzare comportamenti opportunistici delle Regioni finalizzati a ridurre la diagnosi di un numero troppo elevato di nuovi casi che, in base agli algoritmi attuali, aumenterebbe il rischio di nuovi lockdown”.
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