Potature selvagge a Spino, l'esperto: "Questa non è manutenzione"

A prendere parola è Andrea Woynar, dottore forestale, che ha deciso di scrivere una lettera al vicesindaco Enzo Galbiati.

Potature selvagge a Spino, l'esperto: "Questa non è manutenzione"
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(nella foto un dettaglio del pioppo con i tessuti legnosi morti per precedenti potature (anno 2018))

Potature selvagge a Spino, l’esperto: “Questa non è manutenzione”. A prendere parola è Andrea Woynar, dottore forestale, che dopo aver assistito alla potatura di alcuni alberi a Spino d’Adda ha deciso di scrivere una lettera (che qui riportiamo) all’indirizzo del vicesindaco Enzo Galbiati.

Potatura selvaggia a Spino d’Adda

“Egregio vicesindaco di Spino d’Adda, leggendo il suo pensiero espresso pubblicamente dalle pagine del Cremascoweek (sul numero uscito venerdì 29 marzo in edicola) a un professionista del territorio e degli alberi ribollono i neuroni. Per l’interesse pubblico, con il rispetto dovutole è necessario fare chiarezza su alcuni aspetti – ha esordito Woynar – Pur nell’ammessa libertà di pensiero, per criticare tecnicamente e pubblicamente una perizia arborea bisogna essere almeno di pari grado ai dottori Agronomi e dottori Forestali ed essereregolarmente iscritti altrimenti si rischia di attestare una propria incompetenza, trasmettendo alla collettività percezioni false e distorte a scapito della divulgazione della conoscenza e della verità. Qualcuno privo di titoli equivalenti si sogna forse di contestare la perizia di un ingegnere o la
prescrizione di un medico? Serve rispetto prima che sospetto”.

“Questa non è manutenzione”

“Quanto effettuato al verde comunale di Spino d’Adda nelle scorse settimane non è una forma di manutenzione degli alberi ma una condanna alla malattia e alla loro futura precarietà, sia in termini di vitalità che di stabilità- ha proseguito entrando nel dettaglio – Nessun professionista esperto di arboricoltura potrebbe argomentare diversamente. Privare totalmente gli alberi della chioma come qui è avvenuto equivale a far morire parte dei loro apparati radicali che non ricevono più la linfa dalle foglie; rami e radici, con il tempo, si ricreano ma con un grande prezzo da pagare: i primi saranno deboli e precari nell’inserzione mentre le radici giovani non saranno in grado di sostenere gli alberi in occasione di forti venti”.

“Ma c’è di più: dagli esagerati tagli di potatura entreranno funghi patogeni che demoliranno il legno internamente rendendo le branche a rischio di cedimenti e schianti; i funghi si muoveranno verso il basso mentre altri faranno altrettanto partendo dalle radici morte arrivando a poter attaccare anche quelle sane e poi risalendo il fusto – ha chiarito l’esperto – Prendendo ad esempio il giardino pubblico tra via Morandi e via Sudati ecco un confronto fotografico tra il 2015 e oggi 2019. Dopo le potature e i risultati sono eclatanti: prima era un parco-bosco con troppi alberi, oggi è un’area verde con ceppaie fuori regola e piante mutilate da potature (capitozzature) sconsiderate, fuori da ogni logica di correttezza e giustificazione”.

“Generato un danno pubblico”

“Non si agisce in tal modo per tutelare la sicurezza ma per generare un danno pubblico minando la sicurezza futura. Se gli alberi cadono, raramente è colpa del solo vento, ci sono altri problemi o responsabilità; le piante cadute nell’estate 2018 nel giardino sono la conseguenza di potature sbagliate effettuate vari anni prima (ad un esperto rintracciabili nella foto del 2015), potature che hanno determinato un blocco nell’evoluzione degli apparati radicali e loro morte parziale come nel caso di un pioppo bianco schiantatosi vicino alla fontanella – ha continuato – L’altro pioppo adiacente ha resistito ma è stato condannato a morte dalle potature, ridotto a pilastro di legno privo di qualsiasi stabilità vitale futura; già visibili i segni di morte alla base del fusto. Il problema della gestione del verde si origina dalla carenza tecnica di professionalità adeguate: specie vegetali sbagliate o non adeguate, in numero eccessivo, nella titolarità di gestione di evidentemente non
competenti, vengono castrate con trattamenti che non sono potature ma mutilazioni permanenti ovvero condanna a malattia o a morte futura a seconda dei casi”.

L’altro pioppo oggi superstite nei pressi della fontanella ma condannato a futura instabilità e morte da potature fuori
da ogni logica.

Quando si progetta un’area verde o un viale alberato si progetta un’opera pubblica, quando si gestisce un’opera pubblica il criterio guida deve essere il pubblico interesse – ha criticato Woynar – Potare un albero significa progettarne il futuro, se si sbaglia il progetto non si avrà l’albero adeguato o al peggio lo si perderà, magari facendolo prendere in testa a qualcuno. Bisogna comprendere quindi come sia necessario avvalersi di professionisti abilitati e iscritti agli albi non solo per decidere se abbattere gli alberi ma per gestirli e ancor prima per sapere se/dove/di quale specie e quanti piantarne. La potatura è equiparabile ad un intervento chirurgico; oggi nella maggior parte dei casi, nel verde
pubblico operano degli “infermieri” (i giardinieri) quasi sempre senza che da parte della committenza vi siano “medici” ovvero professionisti laureati e/o abilitati, con specifiche competenze nel settore, in grado di guidare gli operatori tutelando l’interesse pubblico”.

“La miglior potatura è quella che rispetta l’albero”

“In conclusione rileva non solo e non tanto chi esegue i lavori ma chi li commissiona e cosa gli si chiede di fare; in presenza di “tecnici” non esperti del settore si realizza un triplo danno: si spende per effettuare dei lavori sbagliati, vengono meno i benefici dei lavori svolti e, anzi, in futuro se ne subiscono le conseguenze, dovendo spendere altre risorse per rimediare agli errori commessi senza magari nemmeno avere contezza della loro origine (al parco di via Morandi se ne vedranno delle belle coi ricacci che spunteranno anche dalle radici). Prendere la difesa di certi madornali errori di gestione senza nemmeno, come dichiarato, porsene il problema, non serve a squalificare la perizia di un professionista ma, agli occhi degli esperti, attesterebbe semmai un intrinseco difetto di obiettività e competenza amministrativa nella tutela dell’interesse collettivo. Gli alberi di Spino d’Adda castrati da potature selvagge sono un esempio di errore che avvenendo alle porte di un Parco Regionale rischia di essere preso per modello di gestione: è un paradosso che, pur rispettando l’espressione del libero pensiero, per dovere professionale di cultura e interesse collettivo, non poteva essere taciuto. La miglior potatura è quella che rispetta l’albero e l’integrità della chioma: si riesce a comprendere quale sia la gravità delle ignobili castrazioni fatte alle piante di Spino d’Adda? Gli alberi su suolo pubblico sono beni patrimoniali al pari di strade, edifici, reti fognarie etc. Altri casi simili avvenuti in Lombardia sono già stati oggetto di esposto alla Corte dei Conti per danni di tipo erariale e patrimoniale”.

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