Al Munari studentessa punita per aver voluto dar voce alle donne vittime di violenza
Vietata l'iniziativa per la Giornata contro la violenza sulle donne e a Crema scoppia il caso.
In un Paese che ogni giorno si trova ad affrontare la piaga sociale della violenza sulle donne succede che, in una scuola, venga vietata una manifestazione di solidarietà e di sensibilizzazione in virtù del rispetto di un regolamento che – a dire il vero – sembra esagerato. Succede a Crema, all’istituto Munari e in città si è subito sollevata la polemica.
Al Munari iniziativa vietata
Tutto è nato da un post, uno sfogo affidato ai social da una ragazza, studentessa dell’istituto e promotrice di un’iniziativa pensata per la Giornata contro la violenza sulle donne, lo scorso 25 novembre.
“Era stata proposta un’attività nella quale sarebbe state lette delle storie di donne vittime di violenza all’interfono di tutta la scuola e sarebbe stato fatto un minuto di silenzio per tutte le donne che sono state addirittura uccise (in Italia 140 solo lo scorso anno) – si legge nel post incriminato – Il preside si è rifiutato. In seguito, i rappresentanti, ovviamente delusi come tutta la scuola dal comportamento del preside, sono entrati in ogni classe per lasciare dei fogli da leggere con scritte le testimonianze di alcune donne che sono state vittime di violenza. Inoltre hanno chiesto a noi studenti di poter attaccare un fiocchetto rosso sulla porta di ogni classe. Tutti noi ovviamente abbiamo accettato. Successivamente il preside, insieme a una professoressa, si è lamentato dell’iniziativa obbligandoli persino a staccare tutti i fiocchetti come se avessero fatto un atto indicibile e scandaloso”.
E poi prosegue: “L’atto indicibile e scandaloso lo avete fatto voi, autorità di questa scuola, che ci dovreste dare l’esempio. Eppure ci ritroviamo noi, ragazzi tra i 14 e i 19 anni, a dare una lezione di vita a voi. Vergognatevi”.
Uno sfogo condivisibile che, tra l’altro, non aveva nominato né la scuola né il preside Pierluigi Tadi, ma che le è costata addirittura la sospensione per due giorni da scuola. La dirigenza, infatti, avrebbe motivato il diniego con la mancanza dell’autorizzazione che quindi, secondo il regolamento d’istituto, avrebbe impedito lo svolgimento dell’iniziativa.
Le reazioni: “Sospensione, provvedimento esagerato”
Immediata la reazione della politica locale e di tante associazioni che hanno preso le difese della studentessa, punita per aver espresso la propria opinione e aver difeso un’iniziativa nata spontaneamente dai quei giovani a cui si cerca, in ogni modo, di insegnare proprio il rispetto per l’altro e per le donne in particolare. Tra queste anche Anpi e la Consulta pari opportunità hanno espresso solidarietà alla studentessa sospesa.
“Da coordinatore provinciale di un movimento politico giovanile posso dirLe che, spesso, i giovani vivono in maniera passionaria i temi che ritengono importanti, vicini, di attualità – ha commentato il coordinatore provinciale Lega Giovani Daniel Bressan – E’ la forza che trasversalmente viene attribuita e riconosciuta alla gioventù, la voglia di cambiare, di incidere sui nostri tempi. La studentessa con il post su facebook ha sbagliato ad attaccare la scuola in quella maniera, ma credo lo abbia fatto sull’onda di un sentimento nato dalla convinzione di combattere per un tema giusto, un tema che anche noi della Lega Giovani riteniamo fondamentale per la nostra società e per il quale, a nostra volta, ci battiamo. La decisione di sospenderla per questo appare sproporzionata e un messaggio sbagliato. Sbagliare è un passaggio fondamentale nella crescita dei giovani, ma sbagliare per una causa giusta è, a mio avviso, una condizione attenuante che crea disproporzione tra il provvedimento di sospensione e l’errore. Il mondo degli adulti (e della scuola in questa occasione) deve educare al rispetto delle regole ma allo stesso tempo deve tenere viva la passione del mettersi in gioco, del credere, del spendersi per le idee: il vero motore del cambiamento per il nostro paese”.
“Il Partito della Rifondazione Comunista di Crema condanna il divieto del preside dell’Istituto Munari di celebrare manifestazioni in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne e la sospensione di una studentessa che, senza offendere alcuno né fare nomi, ha espresso la propria condanna sul suo profilo Facebook, esprime solidarietà alla ragazza e chiede che tale provvedimento disciplinare venga revocato o, nel caso fosse già stato scontato, non se ne tenga conto ai fini della determinazione del voto di condotta né che entri a far parte del fascicolo personale della studentessa”.
I genitori: “Questa è la scuola che vogliamo?”
Anche i genitori sono rimasti perplessi in seguito alla drastica decisione di sospendere la studentessa.
“A fronte di questi accadimenti noi genitori, in qualità di educatori, ci stiamo interrogando: le regole vanno rispettate, ma quale regola è stata violata per subire una sanzione così grave? Qual è la funzione educativa e formativa della scuola? Dovrebbe semplicemente trasferire nozioni oppure dovrebbe aiutare a formare capacità critiche e teste pensanti? Non dovrebbe mettere i ragazzi nelle condizioni di saper affrontare la complessità del presente e i problemi attuali attraverso il pensiero critico? Non dovrebbe valorizzare il farsi carico delle istanze che vengono dalla società civile? Non è questo un modo per poter parlare di cittadinanza e legalità? Non è la scuola un luogo in cui la libertà di pensiero e di espressione delle opinioni in modo pacifico e costruttivo dovrebbe venire promossa e sostenuta? A cosa va incontro chi esprime un dissenso in modo non violento, non diffamatorio e motivato? Quale educazione alla libertà di espressione sta passando la scuola? Di fronte a tutto ciò proviamo un disagio che ci preoccupa e ci inquieta: è questa la scuola che vogliamo per i nostri figli?”