Allarme aviaria in Lombardia, quattro focolai tra Cremona e Brescia: via agli abbattimenti
Gli allevamenti coinvolti, con oltre 120 mila tacchini, sono già stati in gran parte sottoposti a misure di abbattimento per limitare la diffusione del virus
In Lombardia torna l'influenza aviaria: rilevati quattro focolaio in allevamenti di tacchini concentrati nelle province di Cremona e Brescia. Avviati gli abbattimenti per contenere il virus.
Influenza aviaria in Lombardia
Mentre la Peste Suina Africana e la Blue Tongue continuano a preoccupare il settore zootecnico, in Lombardia si aggiunge una terza malattia infettiva: l’influenza aviaria. Nonostante la speranza di una riduzione dei contagi con l’arrivo dell’inverno per le prime due malattie, il virus dell'aviaria non sembra seguire lo stesso andamento stagionale.
Un primo caso di contagio è stato ufficialmente segnalato in provincia di Brescia, confermato dall’Istituto Zooprofilattico, che al 18 ottobre ha censito otto focolai attivi in Italia, di cui quattro proprio in Lombardia (due a Brescia e due a Cremona). Gli allevamenti coinvolti, con oltre 120 mila tacchini, sono già stati in gran parte sottoposti a misure di abbattimento per limitare la diffusione del virus.
Zone di restrizione
Le autorità sanitarie locali hanno istituito delle “zone di restrizione” attorno ai focolai: si tratta di un’area protetta di 3 chilometri e una zona di sorveglianza di 10 chilometri, all'interno delle quali ogni movimentazione di volatili e prodotti derivati (come le uova) è subordinata a specifiche autorizzazioni regionali, secondo le linee guida sanitarie stabilite con il Ministero della Salute.
Nessun allarme
Per ora non risultano ulteriori casi sospetti, ma l’attenzione rimane alta. Il monitoraggio è coordinato dall’UO Veterinaria della Direzione generale Welfare di Regione Lombardia, con il supporto scientifico dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie e la collaborazione degli allevatori locali. Sebbene la situazione non sia considerata allarmante, le autorità sottolineano l’importanza di una sorveglianza continua.
Rassicurazioni arrivano sul fronte della salute pubblica: l’influenza aviaria non si trasmette all’uomo tramite il consumo di carne o uova, né rappresenta un pericolo per chi abita vicino agli allevamenti. Tuttavia, il virus può infettare chi è a contatto diretto con animali contagiati o deceduti. È quindi essenziale agire prontamente per contenerne la diffusione, onde evitare potenziali mutazioni del virus che potrebbero, in futuro, presentare rischi anche per la popolazione.
Danni economici
Sul piano economico, però, l’impatto è sicuramente gravoso per gli allevatori colpiti. In un settore, infatti, già da tempo in difficoltà economiche, l’influenza aviaria rappresenta una ulteriore sfida da affrontare. Gli allevatori speravano in una ripresa dopo due anni complessi e l’aumento dei costi delle materie prime e dell'energia, ma questa nuova ondata del virus rischia di compromettere una stabilità già fragile. Nonostante i progressi della ricerca, non esiste ancora una soluzione definitiva contro l’influenza aviaria, e il settore sollecita ulteriori investimenti in innovazione per sviluppare un vaccino efficace.
La malattia
L'influenza aviaria colpisce principalmente gli uccelli selvatici, si diffonde attraverso le feci e può rappresentare un serio rischio per gli uccelli domestici. Sebbene gli uccelli selvatici non mostrino solitamente sintomi, sono considerati serbatoi del virus.
I virus influenzali di tipo A possono colpire anche altre specie animali, come maiali, cavalli e cani, e in rari casi, anche l’uomo. L'uomo può infatti infettarsi con il virus dell'aviaria a seguito di contatti diretti con animali infetti o con le loro escrezioni ma non c'è alcun rischio di trasmissione attraverso il consumo di carne o uova.
La gravità dei sintomi negli uccelli varia in base alla patogenicità del ceppo virale e alla specie colpita; i tacchini, in particolare, risultano molto sensibili a questa malattia.
Nell'uomo l’influenza aviaria, si presenta con dei sintomi molto simili a quelli dell’influenza stagionale che compaiono da 2 a 7 giorni dopo l’esposizione: tosse, febbre, mal di gola, mal di testa, dolori muscolari e diarrea. Viene quindi curata come la normale influenza stagionale. Tuttavia, si procede anche all’isolamento dell'individuo allo scopo di ridurre il rischio di diffusione. I casi più gravi, inoltre, vengono affidati ad un servizio medico ospedaliero di assistenza intensiva. Nel 2003, un’infezione che ebbe inizio in allevamenti di pollame si associò, successivamente ad alcune infezioni umane portando ad un tasso di mortalità anche abbastanza rilevante.